Intervento Baldassarri

Prof. Mario Baldassarri
Direttore della Corale Bonagiunta da San Ginesio
 
Nella ideazione del volume su Bonagiunta sono stati dapprima affidati a così qualificati esperti i compiti sia di “trascrivere” la musica e “spiegare” la figura di Bonagiunta nelle sue esperienze di Loreto, Venezia e Parma, sia di “analizzare il suo contributo innovativo alla Cultura Musicale  Italiana   del   Rinascimento”, nel  periodo  che  va  dal  1560 al 16 febbraio 1571- data della sua morte a Parma.

Subito dopo è stata avvertita la necessità di spostare l’obiettivo sugli anni 30/60 del    Cinquecento, la fase “ginesina” del Bonagiunta. Anche per supplire alla mancanza di documentazione certa riguardante questo periodo della vita del musico, ho pensato dunque che sarebbe stato opportuno almeno ricostruire, intorno alla figura del giovane Bonagiunta dai connotati biografici esili e sfuggenti, l’ambiente nel quale nacque e si formò.

E’ così iniziata la splendida personale avventura del mio tuffo all’indietro, nel passato della storia ginesina, per illustrare il quadro delle vicende stesse, la realtà socio- economica, le istituzioni, l’atmosfera culturale, la vita artistico-musicale nella quale Bonagiunta mosse i suoi primi passi e con la quale si confrontò, non limitandomi a toccare i soli anni (forse trenta) della presenza ginesina del Bonagiunta, ma abbracciando l’intero Cinquecento.

Non sono un esperto, un ricercatore di professione, ho rivestito il saio dell’umiltà e ho chiesto aiuto agli scritti di chi in precedenza aveva già descritto ed esplorato da diverse angolature il passato di San Ginesio. Per diversi mesi ho consultato fonti antiche e contemporanee, grazie alle quali ho poi cercato di comporre un unico quadro, da me appunto intitolato: “Il tempo del Bonagiunta”.

Tante le preziose guide che mi hanno accompagnato in questo emozionante tuffo nel passato ginesino: dagli antichi Marinangelo Severini, riletto attraverso la mediazione del codice Majolini, Guido Gualtieri, Telesforo Benigni e Giuseppe Salvi, ai più vicini a noi dott. Giuseppe Antonio Gentili, Padre Alfonso Porzi, prof. Febo Allievi, Mons. Angelo Antonio Bittarelli, lo stesso Giulio Tallè; fino ai contemporanei padre Floriano Grimaldi, dell’Archivio Storico della Santa Casa di Loreto, gli amici Rossano Cicconi e Luigi Maria Armellini (che ringrazio anche per la loro presenza questa sera), la prof.ssa Anna Maria Corbo, prodiga di aiuti e di consigli, alla quale rivolgo un affettuoso, riconoscente saluto e un augurio di pronta guarigione dai mali che l’affliggono e che le hanno impedito di essere qui vicino a noi.

Insieme a questi concittadini di ieri e di oggi, ho rivisitato cento anni della vita ginesina: dalle vicende epiche della guerra contro Ripe, Sant’Angelo e Fermo, a quelle tragiche delle ricorrenti epidemie pestilenziali e delle guerre civili interne, culminate nell’efferato delitto commesso nella Chiesa Collegiata il Lunedì di Pasqua (10 aprile) del 1560, dai momenti drammatici dei provvedimenti emanati dalla Santa Sede contro gli eretici e culminati con la fuga della famiglia Gentili, all’atmosfera di intensa religiosità degli ultimi venticinque anni del secolo, con le due straordinarie processioni intervenute a Roma ai giubilei del 1575 e del 1600, salutate con ammirazione dall’intero popolo romano, con la costruzione delle cappelle a sfondo nella parete destra della Collegiata negli anni novanta, con il trasferimento da Roma nella stessa Collegiata delle reliquie dei Santi Ginesio ed Eleuterio nel 1601.

Un secolo di straordinari personaggi, capaci di suscitare emozione e ammirazione: ne cito solo alcuni, da Don Lorenzo Palmieri, custode della Biblioteca Vaticana e stimatissimo consigliere - servitore dei Pontefici Giulio II° e Leone X, a Giovanni Maria Bonagiunta, forse avo del nostro Giulio, nominato dallo stesso Leone X primo Arciprete del Collegio dei Canonici con la stessa Bolla che elevò a Collegiata la Chiesa Lauretana, nella quale 43 anni più tardi il “nipote” Giulio Bonagiunta si trasferì ed occupò la posizione di contralto nella già affermata Cappella Musicale, seguito poi in questa esperienza da altri concittadini.

Da Frate Benedetto della Marca, apprezzatissimo oratore, di cui si narra che una volta a Parigi, agli ascoltatori che, tratti da straordinaria meraviglia, gli avevano gridato “Tu sei il Satanasso, o Benedetto dalla Marca” abbia risposto: “Sono Benedetto, marchigiano delle patria di San Ginesio”, a Pietro Paolo Cesari, molto malvisto e odiato per la sua avidità, dalla quale fu spinto a morire in solitudine in una torrida giornata estiva lontano da casa per non essere derubato dai concittadini, a Francesco Cerretani, meglio conosciuto come Ceccone, dotato di straordinarie abilità fisiche, che gli permettevano di compiere famose gesta atletiche come il celebre salto del pozzo della Piazza Maggiore pur ricoperto di una pesantissima armatura.

Dalla singolare figura di Livio, detto il “sordo”, membro dell’illustre famiglia dei Bevilacqua, divenuto una sorte di “vendicatore di soprusi” e in tale veste capace di aggregare intorno a sé un piccolo esercito di giovani sbandati, al capitano Felice Matteucci, che partecipò valorosamente alla battaglia di Lepanto nel 1571, alla testa di un nutrito gruppo di ginesini. Lascio per ultimo, in questa galleria di straordinari personaggi ginesini incontrati nel Cinquecento, il più grande, Alberico Gentili, la cui immensa statura non mi ha impedito di scorgere interessanti convergenze biografiche con il nostro Giulio Bonagiunta, di pochi anni più anziano di lui; in questa sede voglio solo accennare alla singolare coincidenza della nascita ai giorni nostri delle due associazioni che a loro si richiamano: il Centro Internazionale di Studi Gentiliani (maggio 1981) e la Corale Bonagiunta (dicembre 1981) ad opera di volenterosi ginesini, alcuni dei quali, io compreso, addirittura soci fondatori di entrambe le associazioni.

Collegata ai sentimenti di intensa religiosità manifestati sempre dagli abitanti di San Ginesio è poi la fioritura nel Cinquecento di opere artistiche di notevole valore, soprattutto nell’ambito pittorico, e delle quali si è anche voluto offrire qualche testimonianza fotografica nella pubblicazione. E’ un’arte essenzialmente sacra, raccolta nelle chiese più rappresentative di San Ginesio, mute testimoni di importanti vicende della storia ginesina non solo del Cinquecento, a partire dalla splendida Chiesa Collegiata, per la quale riprendo dal compianto prof. Febo Allevi la felice definizione di “vera e propria galleria dove sei invitato ad osservare i segni che dopo il Mille ogni secolo ha voluto imprimervi senza stridenti contrasti”.

Collegata ai sentimenti di intensa religiosità manifestati sempre dagli abitanti di San Ginesio è poi la fioritura nel Cinquecento di opere artistiche di notevole valore, soprattutto nell’ambito pittorico, e delle quali si è anche voluto offrire qualche testimonianza fotografica nella pubblicazione. E’ un’arte essenzialmente sacra, raccolta nelle chiese più rappresentative di San Ginesio, mute testimoni di importanti vicende della storia ginesina non solo del Cinquecento, a partire dalla splendida Chiesa Collegiata, per la quale riprendo dal compianto prof. Febo Allevi la felice definizione di “vera e propria galleria dove sei invitato ad osservare i segni che dopo il Mille ogni secolo ha voluto imprimervi senza stridenti contrasti”.

La stessa atmosfera di intensa religiosità che produce tante belle testimonianze pittoriche sacre alimenta anche la vita religiosa di una città che, al di là delle cento chiese minuziosamente catalogate e descritte da Padre Alfonso Porzi, offre la presenza di svariati Monasteri di Monache e Conventi di Religiosi all’interno delle mura cittadine e disseminati nel vasto territorio. Attive e operose nei settori della beneficenza e del culto anche molte istituzioni laiche: quattro Confraternite, tre Compagnie, diverse Società “senza Sacco”, tre Associazioni femminili.

A completare questo impressionante insieme di istituzioni assistenziali operanti a San Ginesio nel Cinquecento, meritano di essere ricordati i ben sette ospedali, che aiutano infermi e soprattutto indigenti nello specifico settore sanitario, i tre Monti di Pietà - Istituti di beneficenza che concedono prestiti ai poveri con minimi tassi di interesse, ai quali si aggiungono, alla fine del secolo, nel clima di straordinario fervore religioso a cui si è accennato, diverse altre istituzioni private che aiutano i poveri in vari modi, ad esempio con sussidi “dotalizi” a favore di fanciulle indigenti.

Non si poteva non parlare, ed è stato fatto, delle istituzioni ginesine del Cinquecento, delle varie autorità e organismi collettivi, delle diverse figure operanti nel settore dell’amministrazione pubblica e delle loro specifiche competenze.

Un paragrafo speciale è stato poi dedicato a quella singolare istituzione ginesina che fu il Tamburo, istituito nel 1553, e dunque nel pieno della giovinezza di Bonagiunta: un’urna destinata a raccogliere le segnalazioni anonime che i cittadini indirizzavano agli amministratori per far conoscere la loro opinione sull’operato di chi reggeva il governo cittadino o per sollecitare la soluzione di problemi specifici riguardanti i più vari aspetti della vita della comunità.

Un vero e proprio “filo diretto” tra il Palazzo e la voce della piazza, che esprimeva in forma libera, in quanto anonima, proposte, critiche, lamentele ma anche encomi e suggerimenti.

Per questi documenti, che a distanza di quattro secoli e mezzo conservano intatta vivacità e stupefacente freschezza, diciamo ancora una volta grazie alla prof.ssa Anna Maria Corbo che li ha letti, interpretati, analizzati e li ha posti alla nostra attenzione per permetterci di conoscere meglio usi e costumi di quel tempo, opinioni di cittadini e atteggiamenti degli amministratori, chiamati di volta in volta ad approvare, respingere o semplicemente trascurare quelle sollecitazioni.

Dopo alcune sommarie indicazioni sulle attività economiche principali del secolo, sulle svariate professioni esercitate e sulla vita della campagna ginesina fuori della cerchia muraria cittadina, e per completare il quadro della realtà ginesina del Cinquecento, (il tempo del Bonagiunta), non potevo non affrontare lo specifico argomento delle manifestazioni musicali e degli spettacoli dell’epoca.

Ancora una volta grazie alla prof.ssa Corbo abbiamo un quadro minuzioso di quelle manifestazioni musicali che attiravano nel nostro centro folti gruppi di suonatori e giullari.  

L’importanza rivestita dalla musica ai tempi del Bonagiunta e fin dal Medio Evo a San Ginesio, centro di aggregazione di musici, dilettanti e professionisti provenienti dalle località limitrofe del Maceratese e anche da altre zone interne ed esterne allo Stato della Chiesa, è pure testimoniata dal singolare connubio musica-pittura, soprattutto, ma non solo, nella tradizionale raffigurazione iconografica dello stesso patrono San Ginesio, considerato patrono dei mimi e degli attori e perciò sempre rappresentato dagli artisti del tempo in veste di giullare che suona la viola o il ribechino.

Le tante manifestazioni musicali effettuate nel corso del secolo sono spesso accompagnate dal canto, la cui presenza allora si perpetua ancor oggi grazie ad una radicatissima tradizione di pratica corale, che vede nelle Marche in attività più di cento cori affiliati all’ARCoM, Associazione Regionale Cori Marchigiani.

Insieme all’interesse dei ginesini per le manifestazioni musicali è stata sottolineata l’attenzione riservata agli spettacoli teatrali: scrive al riguardo lo stesso Guido Gualtieri nel 1592 “i ginesini rappresentano molto graziosamente le Commedie e fanno con garbo scenici spettacoli e giocose rappresentazioni, ritenendo il genio di San Ginesio di condizione commediante in Roma”. Da ricordare anche lo straordinario avvenimento della costruzione nella Piazza Maggiore di un grandioso Anfiteatro in legno, oggetto di ammirazione in tutta la Marca, “capace di contenere più di mille persone, e nel quale la gioventù ginesina organizza spettacoli di danza, concerti e rappresentazioni di tragedie” secondo la testimonianza dello stesso Severini.

Passione per la musica, per il canto corale, per l’attività scenica ben viva allora, non spentasi nel tempo, ancora oggi per fortuna molto sentita e praticata attraverso la meritoria, preziosa opera della Banda Comunale, della nostra Corale e delle tre associazioni teatrali presenti in seno alla comunità ginesina.

Giulio Bonagiunta non è dunque un fiore isolato che nasce in un deserto,  ma è un musico che, se conseguirà fama e notorietà lontano da casa, a Loreto, Venezia e Parma, è a San Ginesio che si forma, in una realtà ancora importante dal punto di vista storico, immerso in un’atmosfera culturale particolarmente vivace, come ho cercato di rappresentare nelle mie pagine.

Ho all’inizio affrontato questa passeggiata nel Cinquecento ginesino per puro senso del dovere e con tanta titubanza. Man mano che mi avventuravo in quelle vicende e incontravo quei personaggi e ammiravo quelle testimonianze artistiche, sono poi stato colpito, gradualmente avvinto e affascinato da quel mondo fantastico nel quale immaginavo aggirarsi, timido e circospetto, il giovane Giulio Bonagiunta.

Mi auguro di essere riuscito nell’intento che mi ero prefisso, aiutare cioè la comprensione della figura di Bonagiunta attraverso la ricostruzione del suo ambiente di formazione; mi auguro però anche di avere offerto un piccolo e personale stimolo ai non ginesini perché conoscano meglio San Ginesio, ai ginesini perché amino ancora di più questa nostra splendida città.
 


San Ginesio, 1 giugno 2003